Luigi Spagnol: "IoScrittore, nasce una rete di lettori appassionati, attenti e senza pregiudizi"

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Luigi Spagnol, amministratore delegato del Gruppo editoriale Mauri Spagnol, scrive a tutti i partecipanti del Torneo Letterario: lettori e scrittori

Mi è capitato molto spesso di sentir dire che gli editori pubblicano solo libri di amici o di raccomandati. Questa lamentela non corrisponde esattamente alla realtà, se non altro perché gli editori hanno la fortuna di dipendere direttamente dal responso del pubblico e nessuna raccomandazione può convincere migliaia di persone a comprare un libro; tuttavia si basa in un certo senso su un fondo di verità: a parte qualche rarissima e magnifica eccezione, non capita quasi mai di pubblicare testi che siano arrivati in casa editrice per posta, senza l’intermediazione di un agente, di un critico, di un libraio, di un altro scrittore.

Un mio collega editore una volta mi confessò che nella sua casa editrice i manoscritti arrivati per posta non venivano neanche letti.
«Non hai paura di perdere un possibile bestseller?» gli domandai.
«Investirei meglio i soldi dell’azienda» mi rispose, «comprando un biglietto della lotteria tutte le settimane. Spenderei di meno e avrei maggiori probabilità di successo».

Non si può negare una certa logica al suo ragionamento, suffragato del resto dall’esperienza. Io continuo tuttavia a pensare che la missione di un editore sia leggere libri e scoprire talenti, non comprare biglietti della lotteria, perciò noi continuiamo a leggere tutti i libri che arrivano in casa editrice, comunque ci arrivino, anche se li trovassimo in una bottiglia in mezzo al mare. Rimane il fatto che di tutti questi libri che leggiamo pochissimi, ma pochissimi, vengono pubblicati. Mi sono a lungo domandato perché.

La risposta che mi sono dato è che le probabilità che una persona arrivi a scrivere un buon libro senza conoscere nemmeno un agente letterario, un critico, un libraio o uno scrittore sono bassissime. È vero che scrivere, come leggere, è un’attività solitaria; ma senza confronto, senza dialogo con chi condivide la stessa passione, senza poter far leggere a un primo pubblico, magari ristretto anche a una sola persona ma qualificata, la propria opera, è virtualmente impossibile riuscire a superare le infinite complessità che comporta scrivere un romanzo. Non a caso, il difetto che accomuna la stragrande maggioranza dei libri che ci arrivano non è la mancanza di qualità della scrittura ma la disarmante, disperata ingenuità.

Sul sito del concorso, c’è un blog che parla di scuole di scrittura.
Da studente in un’università americana, ho frequentato un corso di scrittura creativa, in un’epoca in cui in Italia tali corsi erano visti con uno scetticismo ancora maggiore di oggi. Come ho visto in alcuni dei commenti dei blog, anche nel mio caso l’insegnante aveva pochissimo da insegnare; tuttavia da quel corso ho imparato moltissimo, perché ogni cosa che scrivevo veniva letta e criticata dai compagni di corso, e a mia volta io dovevo fare lo stesso con i loro scritti. Non è del resto l’unica esperienza scolastica in cui mi sia capitato di imparare di più dai compagni che dai professori. Ho imparato dalle loro critiche e dai loro errori, perché trovando dei difetti nei loro scritti mi sono accorto più di una volta che gli stessi difetti erano presenti anche nei miei.

È lo stesso meccanismo di questo torneo, e mi pare che l’importanza di questo meccanismo non sia secondaria rispetto a mettere in contatto gli aspiranti scrittori con le case editrici del Gruppo Mauri Spagnol, o alla possibilità di vincere e venire pubblicati: li mette in contatto tra di loro, dà a ognuno di loro la possibilità di avere un pubblico, attento, appassionato e senza quei pregiudizi di affetto o di cortesia che possono avere amici e parenti. Dà la possibilità di far (finalmente!) leggere il proprio romanzo e, come direbbe Jannacci, “vedere di nascosto l’effetto che fa”.

Luigi Spagnol

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