Consigli degli autori

TERZA PUNTATA: Patricia Highsmith e lo stufato di tartaruga

di
Luca Crovi
I consigli di Patricia Highsmith

Patricia Highsmith, la regina del noir americano (capace di siglare storie inquietanti come Sconosciuti in treno, Acque profonde, L’amico americano), nacque il 19 gennaio 1921 a Fort Worth, curiosamente lo stesso giorno in cui nel 1809 venne alla luce Edgar Allan Poe. Amò alla follia la letteratura di Kafka, Sartre, Camus e Tolstoj. Si divertì a scrivere romanzi che assomigliassero ai dipinti di Francis Bacon, che secondo lei era l’artista che meglio aveva ritratto in nero il mondo: «Il genere umano che vomita nel gabinetto con il sedere nudo in vista». Forse per questi motivi le venne così naturale descrivere la banalità del male in tutte le sue forme. Ebbe sempre una sua lucida idea di come andasse costruito un noir: «Penso che concentrarsi sul chi è stato sia un modo sciocco di stuzzicare la gente… a me non interessa come non mi interessano i rompicapo». La Highsmith, come dimostrano i suoi racconti e i suoi romanzi, è sempre stata affascinata dagli assassini e dai predatori che per certi versi considerava «una razza superiore». Patricia Highsmith non volle mai andare sul set di Delitto per delitto per incontrare Alfred Hitchcock, né accettò di diventare per lui sceneggiatrice, ma girò comunque per settimane portando con sé la lettera personale del regista inglese che le comunicava di aver scelto il suo romanzo Sconosciuti in treno come suo nuovo film. La Highsmith fu consapevole fin dall’inizio della sua carriera che non basta avere una buona storia per essere scrittori, bisogna anche saperla raccontare. Vale la stessa regola nelle buone barzellette. Se chi le racconta anticipa il finale, o si mette a ridere prima, l’effetto non funziona. È per questo che per poter scrivere un noir che funzioni non basta avere un buon soggetto, bisogna saperlo mettere sulla pagina ed essere capaci di stimolare le emozioni dei lettori catturandole fin dall’inizio. Fra le pagine di “Come si scrive un giallo: teoria e pratica della suspense” (Minimum Fax), la stessa Highsmith spiega accuratamente come una storia interessante abbia poi bisogno dello scrittore giusto. Una sua amica le propose di scrivere una storia di questo tipo: «Una vedova, artista di successo, tiranneggia e assilla il figlio decenne, gli fa indossare vestiti troppo infantili, lo costringe ad ammirare le proprie creazioni artistiche, insomma lo sta trasformando in un tormentato nevrotico».
So che state pensando già a un emulo del Norman Bates creato per Psycho da Robert Bloch e trasportato poi sullo schermo da Alfred Hitchcock. In realtà, il risultato che trasse da quello spunto Patricia Highsmith dopo averci riflettuto per alcuni mesi fu ben più diabolico. E a far scaturire la forma finale della storia fu un libro di cucina rinvenuto per caso dalla scrittrice americana a casa di amici che proponeva un’orripilante ricetta di stufato di tartaruga. Mi raccomando, siate forti di stomaco nel leggerla.

I lettori convinti che i gialli comincino a diventare insipidi farebbero bene a consultare alcuni brani di cucina relativi ai nostri amici pennuti, o in guscio; una casalinga deve avere un cuore di pietra per leggere quelle ricette, per non parlare poi del realizzarle. Il metodo per uccidere una tartaruga d’acqua consiste nel bollirla viva. La parola uccidere non viene usata nel manuale di ricette, non serve: chi può sopravvivere all’acqua bollente? Appena finito di leggere il ricettario mi tornò in mente la storia del ragazzino tiranneggiato. Avrei imperniato il racconto su una tartaruga d’acqua: la madre porta a casa la tartaruga per farne uno stufato, una tartaruga che all’inizio il bambino ritiene destinata a lui, un animaletto per tenergli compagnia. Il bambino racconta della tartaruga a un compagno di scuola, cerca così di guadagnarne la stima, e promette di mostrargliela. Poi assiste all’uccisione della tartaruga nell’acqua bollente, e tutto l’odio e il rancore accumulati contro la madre esplodono. La uccide durante la notte, con lo stesso coltello da cucina che lei ha usato per la tartaruga.

Come potete constatare, la storia dell’amica della scrittrice americana, che in partenza era già terribile, messa in mano a un’autrice come Patricia Highsmith è esplosa come una bomba a orologeria con effetti deflagranti immediati. E se volete scoprire che fine fa poi il cadavere della madre e cosa se ne farà il ragazzo di un pesante e polveroso tappeto, vi consiglio di recuperare “A Suspension of Mercy”, pubblicato dalla Highsmith nel 1965.

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Luca Crovi è critico, conduttore per nove anni della trasmissione Tutti i colori del giallo in onda su Radiodue e autore, tra i numerosi libri che ha scritto, di Noir – Istruzioni per l’uso.

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