Ho scelto tra i vostri post alcuni di interesse generale, per proseguire con voi il discorso sugli incipit. Mi scuso fin da ora con gli eventuali esclusi, spero che queste risposte possano essere comunque di aiuto a tutti
Ho scelto tra i vostri post alcuni di interesse generale, per proseguire con voi il discorso sugli incipit. Mi scuso fin da ora con gli eventuali esclusi, spero che queste risposte possano essere comunque di aiuto a tutti.
@Elle Emme#8 “Dobbiamo parlare solo degli incipit o posso chiedere la ricetta dell’orata al sale?”
«Facile. 50 minuti in forno a 220 gradi. Ingredienti: un’orata da 500 g circa. 2 kg di sale grosso. Erbe aromatiche q.b. Olio extra vergine q.b. Un limone.»
«Eh, l’orata al sale, dici… Ma prima la devi pescare, l’orata», mi disse zio Pino aprendo un armadio di acciaio azzurro, stretto stretto e alto fin quasi al soffito, quasi invisibile nell’ombra in fondo al garage.
«Orata. Nome scientifico: spars aurata. Pesce di mare così chiamato per la tinta dorata che colora parti della sua livrea.
Al. Preposizione articolata, formata alla preposizione “a” e dall’articolo “il”.
Sale. Cloruro di sodio (NaCl). Punto di fusione: 801 °C Massa molare: 58,44 g/mol. Densità: 2,16 g/cm³. Punto di ebollizione: 1.413 °C.»
Cribbio, ma come avevo fatto a innamorarmi di un uomo così noioso? E per di più dotato di una memoria prodigiosa.
«Cavoli, ma questa sarebbe un’orata al sale, secondo lei?» Era rosso in volto, urlava con una vocina acuta e mi sembrò così buffa.
Sono quattro possibili incipit di un romanzo incompiuto da titolo La ricetta dell’orata al sale.
Non è che ci sia un incipit giusto e tutti gli altri sono sbagliati.
Dipende soprattutto da quel che viene dopo…
Insomma, con il mio post volevo solo suggerire che le prime parole, le prime frasi di qualunque libro trasmettono un’enorme quantità di informazioni, che decodifichiamo all’istante. Di più: stabiliscono il tono della relazione del testo con il lettore.
È un po’ come quando stringiamo la mano di una persona che incontriamo per la prima volta. E dunque, questa stretta di mano immaginaria con il lettore è molto importante: val la pena di prestarle molta attenzione, tenendo presente quello che verrà dopo, il modo in cui vogliamo proseguire il rapporto con chi legge.
E certamente una buona stretta di mano aiuta. Per uno scrittore, meglio esserne consapevole.
@Il Re degli Sfigati#12 La sorte di Fitzgerald sarebbe chiara: come minimo gli cambierebbero l’incipit di Tenera è la notte!
Anche Fitzgerald aveva un editor… E magari gli ha consigliato di cambiare l’incipit. Ma l’autore può cambiarselo anche da solo, l’incipit, se durante l’ennesima rilettura e riscrittura scopre un attacco più efficace. Non sempre la prima frase che hai scritto resta la prima frase del libro consegnato all’editore (o del libro stampato in self-publishing).
@Lilium#104 l’incipit dell’opera in torneo l’ho cambiato varie volte nel corso del tempo.
Appunto.
@Lilium#104 Del perché mi dovrei ritirare: 1. il piacere del racconto. Il mio racconto non è piacevole. 2. La voce: è la mia o sono riuscita a far spazio a quella dei personaggi? 3. La curiosità: è sporadica, non forte come in Kafka, no. 4. La provocazione: è l’elemento dominante, di questa ce n’è molta, l’intero romanzo è una provocazione. Ma fino ad ora solo pochi alleati, e nessuno era un editor. 5. Le verità eterne: forse una c’è, ma ho saputo renderla visibile? 6. Mille e uno modi per incuriosire un lettore o un editor: mi sa che non ci sono ancora riuscita 7. L’incipit più brutto dell’anno: no, non è il più brutto, ma a che posto è?
Grazie, Lilium, vedo che hai capito lo spirito. Tra l’altro, come dal tuo #104, puoi sempre peggiorare: secondo me, se ti impegni, puoi davvero puntare all’incipit più brutto dell’anno. Faccio il tifo per te! 😉 E grazie a tutti quelli che hanno risposto al Lilium Test!
@Vinci#29 Se trovano, magari tra i torneisti, un romanzo scritto bene con una bella storia e tutto il resto, ma con un incipit debole, lo scartano o cercano di lavorare insieme all’autore per rafforzare l’inizio, per migliorarlo?
Ovvio, non è corretto giudicare un romanzo dalle prime cinque-dieci righe. Per capire se val la vena di proseguire nella lettura, un editor ha bisogno di almeno una ventina di pagine. E infatti sono più o meno venti le pagine che vengono lette nella prima fase di IoScrittore.
@Lilium#80 qual è stato nella tua carriera di editor l’incipit più breve che hai letto, quello che dopo quattro righe ti ha fatto pensare con convinzione: “inutile andare avanti, non c’è storia”.
Ripeto: quattro-cinque righe non bastano, però danno una prima idea. A colpo d’occhio, ci sono incipit sgrammaticati e sgangherati, o sdolcinati e affettatamente poetici, oppure artatamente piacioni, con cliché a raffica. Non basta per decidere che è un no. Però se, con una lettura a campione, scopri che il libro continua così per altre 650 pagine, forse pensi: “Be’, magari è un capolavoro, ma non sarò io a scoprirlo!”
@ Lilium #22 @La Svet Ho notato che anche Luca Crovi parla in particolare di Thriller e Noir. Sono i generi che al momento vendono di più ed è ciò che le case editrici cercano in particolare? Io in ogni caso ho trovato applicabile quanto dici anche a narrativa in generale, era solo una curiosità.
Il mio collega parlava di noir e thriller, ma come hai notato giustamente tu, quello che ha scritto si può applicare anche al noir e al thriller. Una delle informazioni trasmesse dalle prime pagine di un romanzo è certamente il genere: il tono, lo stile, i vari indizi disseminati dall’autore ci fanno subito capire il genere di riferimento.
Come ho accennato, per un editor è importante capire se un libro può rientrare in un genere: perché così sarà più facile fargli trovare i suoi lettori (scegliendo la copertina giusta, il titolo giusto, il videoclip giusto eccetera eccetera). E tra i generi il thriller-noir è certamente tra i più apprezzati, acquistati, letti. (Tieni presente che nel mondo anglosassone il genere viene declinato in categorie e sottocategorie molto più specifiche, così come il rosa, il romanzo erotico o il romanzo storico).
È un genere che ha una storia assai lunga: in fondo il primo detective della letteratura è quella voce dall’alto che interroga Adamo ed Eva sul furto della mela, o Caino sul destino di Abele. E quell’invenzione straordinariamente moderna – l’assassino che investiga sul crimine che egli stesso ha commesso – risale ad almeno 2500 anni fa, quando Sofocle ha raccontatola storia di un killer incestuoso di nome Edipo.
Questo per dire un paio di cose: che il nostro rapporto con il male è profondo e complicato. E sappiamo bene che (anche) dentro di noi, che ne siamo consapevoli oppure no.
Con i thriller, diamo una forma a questi fantasmi, li trasformiamo in racconto, e in qualche modo li esorcizziamo.
Coltiviamo le nostre ansie, le addomestichiamo e le esorcizziamo.
Insomma, il genere ha il suo pubblico, ed è un pubblico molto ampio.
Questo lo sanno benissimo anche gli editor, e l’hanno imparato anche gli scrittori.
Dunque è un filone molto frequentato, dove la concorrenza è assai aspra, con numerosi grandi maestri che occupano il centro della scena (e le posizioni di vertice nella classifica dei best seller).
Insomma, gli editor non cercano genericamente thriller e noir: cercano il thriller e il noir che abbia qualcosa di speciale, che faccia scattare un brivido nuovo.
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