Il momento giusto per scrivere l’incipit è quando il romanzo è sostanzialmente pronto, in attesa soltanto della scena d’apertura più efficace
Quando si parla di thriller, nell’accezione più generale del termine, si dice che, per attirare l’attenzione degli editor prima e dei lettori poi, sia necessario scrivere un incipit – inteso come scena d’apertura – fulminante e che dia un’impronta decisa a tutto il romanzo.
Vero: è preferibile un buon incipit rispetto a un brutto incipit. L’importante, però, è che l’incipit non prenda il sopravvento sul resto del romanzo. Ciò che deve sempre rimanere centrale è l’idea narrativa di base – quella intorno a cui si costruisce la struttura del romanzo e i personaggi che lo popolano – e il modo in cui questa idea viene sviluppata per sfruttarne al meglio le sue potenzialità.
Ai miei occhi, un ottimo incipit non redime un thriller mediocre e scialbo, d’altro canto un romanzo dalla forza dirompente sopravvive benissimo a un incipit ordinario.
Ho quindi un unico consiglio pratico da dare: scrivere l’incipit nel momento in cui il romanzo è sostanzialmente già lì, pronto, in attesa soltanto della scena d’apertura più efficace. Così ci sono più possibilità che venga bene e svolga al meglio la sua funzione di «porta d’ingresso» al romanzo stesso.
Al di là della specificità dei thriller, vi consiglio di leggere il primo capitolo di Lunar Park, in cui uno dei miei scrittori preferiti, Bret Easton Ellis, analizza le frasi d’apertura dei suoi libri. È la prova che non solo un bravo autore può scrivere incipit molto diversi fra loro, ma soprattutto che è il resto del romanzo a determinare la natura e lo stile dell’incipit, non viceversa.
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