Il caso Galan è già un libro, anzi un noir, un buon noir scritto da un mestrino doc, Michele Catozzi, ed edito dal gruppo Longanesi. “Acqua morta” (TEA, p.362, 14 euro) però va anche un po’ più in là, perché con buona preveggenza, visto che è stato scritto più di un anno fa, sembra legare la corruzione e il Mose anche alla crisi delle banche locali, travolte dai prestiti ad amici e sodali politici. Certo qui il governatore che siede a Palazzo Balbi si chiama Gaffin e l’istituto di credito in crisi si chiama Banca Veneta, ma le connessioni descritte hanno molto a che fare con ciò che le cronache hanno rivelato e rivelano. Quindi sì, i fatti narrati sono finzione, ma come l’avvertenza sottolinea «possono esistere fonti documentarie che li collocano nel quadro realistico generale con una certa precisione».
Diciamo subito che l’omicidio e l’indagine non sono direttamente legati al Mose e alla Banca, ma certo Michele Catozzi li utilizza per raccontare un mondo, quello dell’intreccio tra politica, affari, sesso, cui la realtà lagunare non è affatto estranea. Viene da pensare che sia un discepolo di Carlotto e della sua teoria che i noir sono il nuovo modo di fare cronaca nera e in questo caso anche un po’ di cronaca politica, con assessori ed ex ministri coinvolti. Non un romanzo a chiave, in cui si tratta di riconoscere i protagonisti, ma certo un romanzo di ambiente, intrinsecamente veneziano, anche se raccontato da uno di terraferma, che per di più si è trasferito a Pesaro.
Il protagonista di “Acqua morta” è il commissario Nicola Aldani, in servizio alla questura di Venezia ed in procinto di trasferirsi dal centro storico a Mestre. Catozzi lo ha curiosamente creato 14 anni fa, anche se questo è il suo romanzo di esordio.
Nel 2000 Aldani compariva in un racconto segnalato al Festival del Giallo di Cattolica e poi è stato protagonista di un’altra manciata di racconti scritti per antologie e premi, prima di approdare al romanzo ed alla pubblicazione grazie alla vittoria del premio “Io scrittore”. E i 14 anni di anzianità si vedono, perché Aldani è già al primo romanzo un personaggio a tutto tondo, complesso e preciso anche nei particolari. Accanto a lui tanti personaggi che si muovono in una Venezia che per una volta non ha nulla del fondale narrativo utilizzato da decine di scrittori italiani e stranieri, ma è assolutamente viva e reale.
A fare da detonatore della storia è la morte di un ricco veneziano, molto noto in città, proprietario di una finanziaria, amico di politici e imprenditori, abile costruttore di scatole cinesi e società a partecipazione incrociata. E quindi si parla di banche, di project financing, di Mose, di escort, di pressioni su magistrati e questori, mentre in parallelo esce dal passato un altro omicidio, ormai dimenticato e rimasto impunito. Ma più del noir, che comunque mantiene una buona tensione, funziona il racconto di una Venezia autentica, vittima, in qualche caso consenziente, di ambizioni e di arrivismi.
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