La telefonata mi giunge un sabato mattina. È l’editor a cui dovrò consegnare il file definitivo del romanzo, che prossimamente diventerà ebook. Fra i dieci vincitori del torneo Io Scrittore 2015, c’è anche il mio romanzo Lo spacciatore di reliquie. In dieci abbiamo superato due selezioni (la prima inerente agli incipit più efficaci; l’altra, al testo completo) e sgomitato in una folla agguerrita di 3584 concorrenti. Ho già firmato il contratto, naturalmente, ma con la signora editor eravamo d’accordo sul risentirci un po’ più in là, quindi?
«Quindi non lo immagina?» mi chiede.
«No.»
«Si sforzi.»
«Non me lo dica…» dico, senza altro fiato, come la più sprovveduta delle miss.
«Be’, chiedo sempre di telefonare io al vincitore finale unico, per godermi la sua reazione alla notizia. Complimenti, Carlo, lei verrà pubblicato anche in cartaceo… È ancora lì?»
Sono ancora lì, al cellulare, e sono altrove. A tre anni prima, per la precisione, quando mi ero imbattuto in alcune storie antiche assai curiose, accadute tutte assieme in un solo anno, il 1507, nella città di Berna: il furto dei resti mortali della Maddalena; le ripetute apparizioni notturne di Santa Barbara e della Madonna a un novizio domenicano; gli scontri conventuali tra i locali Ordini religiosi sul concetto teologico di Immacolata Concezione; il traffico di salvifiche reliquie che coinvolge addirittura l’Imperatore; un plotone delle neonate guardie svizzere in partenza per Roma, tra sogni e bisogni; una truffa internazionale dei bernesi contro il duca di Savoia ordita da un falsario assieme a un funzionario sabaudo vendicativo…
«È ancora lì?»
Sono lì, con gli auricolari ondeggianti al ritmo della musica che risuona dentro di me, e rivedo il travaglio del romanzo, pari alla complicata gestazione di un’elefantessa asiatica (645 giorni): dalle ricerche storiche (riguardanti vita quotidiana, usi, personaggi ed eventi del periodo in cui avvennero i fatti) alle due stesure narrative prima di quella che ritengo definitiva; dalla faticosa ricerca di un’agenzia letteraria, in grado di supportare “mercantilmente” l’autore e la sua creatura, fino alla scelta non facile di un editor che mi aiutasse senza investirci un capitale: uno sparring partner che demolisse ciò che c’era da demolire e suggerisse migliorie e correzioni.
Una serie di tentativi tanto necessari quanto infruttuosi. Irritanti, persino: quando l’agenzia che ti ha messo sotto contratto, “perché crede nel libro”, per due anni ti tace i contatti editoriali che dovrebbe prendere e ti elenca soltanto una serie di scusanti, scarsamente immaginifiche, alla propria inerzia (il mercato è in crisi; il romanzo storico non si vende; abbiamo mandato il testo a un direttore che è andato via; tu sei un autore novizio; tu sei un autore che ha già pubblicato…).
Deludenti, addirittura: quando l’editor di gran nome che – per amore, solo per amore della tua creatura – hai deciso di pagare di tasca tua, prima accetta e poi rifiuta, quindi eleva il compenso pattuito a quattro volte tanto e demolisce pretestuosamente tutto il romanzo attraverso la lettura frettolosa delle prime otto pagine, insegnandomi così un uso nuovo e spregiudicato della sineddoche (una parte per il tutto) in campo editoriale…
«È ancora lì?»
Sono lì a ripensare a quando decisi di iscrivermi al torneo. A mettermi in gioco, direbbero quelli che parlano con frasi prêt-à-porter. Mi scelsi uno pseudonimo portafortuna; cambiai il titolo da quello originario in uno meno elegante, ma più appariscente; buttai giù una sinossi, che poi è un’operazione odiosa di per sé perché non sai mai se è richiesto un riassuntino il più completo possibile, oppure un testo scarno, misterioso, intrigante, che accenni e ponga domande, lasciando in sospeso, ammiccando, facendo intuire possibili sviluppi o forse depistando, come in un’astutissima quarta di copertina. Depositai l’incipit sulla pagina del torneo, lo inviai e feci scongiuri, e che non se ne parlasse più per qualche mese…
«È ancora lì?»
Alla prima scrematura non superai la prova. I miei esaminatori, quelli che come me avevano ricevuto una decina di incipit da valutare, vivisezionare e votare, mi esaltarono o mi depressero con i loro giudizi – a volte lunari, altre cortesi – ma non raggiunsi il punteggio sufficiente a entrare negli ultimi trecento.
Sinceramente? La presi come offesa personale, e per favore non mi parlate di de Coubertin! La depressione durò due settimane, accarezzai l’idea di seguire finalmente quel corso per pizzaioli, categoria benefattrice dell’umanità, e liberare il mondo dal qui presente mediocre romanziere. Poi arrivò un’email che mi annunciava di esser stato ripescato e l’adrenalina tornò in circolo nella mia vena letteraria già esausta.
Per imparare i segreti di una buona margherita, dunque, ci sarà tempo in futuro. Così caricai l’intero romanzo sul sito, iniziai a esaminare i testi dei “colleghi” semifinalisti a me attribuiti, e mi misi l’anima in pace. Almeno fino a metà ottobre, quando a Milano, durante una manifestazione libraria pubblica, lo stato maggiore del gruppo editoriale comunicò i dieci nominativi finalisti vincitori della pubblicazione in ebook.
Spuntò fuori anche il nome del mio romanzo, ripescato in extremis dal primo turno: a dimostrazione, se mai servisse un’ulteriore conferma, che è deleterio abbattersi, che non bisogna mai mollare. E che soprattutto non si deve mai smettere di aver convinzione in se stessi, a dispetto di agenti e editor, i quali fanno il loro mestiere di cerberi ma che, detto fra noi, proprio Cassazione (nel senso di giudizio definitivo) non sono mai…
«È ancora lì?»
«Sì, signora, sono qui.»
«Va bene, allora congratulazioni. Questa comunque è una telefonata ufficiosa, la esorto a non dire ancora niente a nessuno.»
«Alla mia donna posso?»
«Sì, ma solo a lei. Fra qualche giorno la chiamerà il direttore editoriale della TEA, poi si vedrà.»
«Che Dio la benedica!»
«Sono lieta per lei. Buon anno.»
Adesso a una parte di me sembra tutto così facile.
E una parte di me non ci crede ancora, estenuato dalla gara e rimbambito da un risultato davvero inaspettato, nonostante la voglia di far emergere il mio piccolo, tenace romanzo storico. So di aver vinto ma non posso rivelarlo, e questa situazione da novello Edmond Dantés, che s’affaccia alla vita narrativa sotto mentite spoglie, mi diverte e sospende.
Qualche mattina dopo giunge la telefonata del direttore, che mi conferma la vittoria e si congratula, sostenendo che nel romanzo ci sono delle potenzialità.
Lo pubblicheranno nel secondo semestre del nuovo anno, ma intanto devo aspettare il nuovo contratto e tenermi ancora la vittoria per me. Lo ringrazio, e mi pare una bellissima giornata.
Intanto sul blog il silenzio da parte della giuria su chi sia il vincitore di questa edizione ha già scatenato una giustificata ridda di commenti, dubbi, ipotesi e sfottò.
Da novello Calaf, attendo con comprensibile ansia che venga data comunicazione ufficiale. Sono il vincitore in pectore del torneo 2015, ma il nome mio nessun lo sa… Poi, a fine gennaio, arriva la proclamazione anche in Rete e il viaggio del mio romanzo può finalmente avere inizio.
La vita del mio “spacciatore di reliquie” – o in qualunque altro modo quel pasticciaccio bernese di cinque secoli fa sarà chiamato dall’editore – è appena cominciata…
Io Scrittore è il torneo letterario che e il gruppo editoriale Mauri Spagnol (GeMS) organizza ogni anno. Le iscrizioni alla edizione 2016 sono aperte. Per ulteriori informazioni cliccate qui.
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