“Un prosciutto e dieci ducati” (IoScrittore, 2016) di Enrico De Agostini è l’ebook secondo premiato della sesta edizione di IoScrittore, torneo letterario online ideato e proposto dal Gruppo Editoriale Mauri Spagnol, che sarà presto disponibile in formato cartaceo, grazie al nuovo servizio di “Print on demand” di IoScrittore che permette di raggiungere i lettori che preferiscono leggere su carta.
Con quest’originale romanzo storico che restituisce l’epopea di un uomo e della sua famiglia tra il 1792 e il 1815, Enrico De Agostini, nato a Roma nel 1964, diplomatico di carriera dal 1991, ambasciatore a Harare (Zimbabwe) dal 2014, ci racconta un’Italia tanto lontana ma sempre e comunque tanto simile a quella di oggi.
«La storia alla base di “Un prosciutto e dieci ducati” è contenuta in uno scritto d’epoca, un vero e proprio libro, redatto a mano, di 222 pagine… Un “diavolo di manoscritto”, il quale se ne sta bel bello nel cassetto della mia scrivania da almeno un paio d’anni».
Circello, provincia di Capitanata, 1798. Il vento della rivoluzione che sta scuotendo l’Europa sembra soffiare anche su questo sperduto paesino del Regno di Napoli. Vittima della confusa voglia di nuovo don Giovanni, l’amministratore dei possedimenti di don Nicolò di Somma, principe del Colle, marchese di Circello e signore della Terra di Reino. Filo-borbonico o giacobino? Don Giovanni viene accusato dai suoi nemici di essere prima l’uno, poi l’altro, ma gli attentati e il processo che subisce sono lo specchio di un’epoca tumultuosa di stravolgimenti sociali e politici. Sullo sfondo si agitano prelati e briganti, notabili e donne accorte, garzoni, soldati e braccianti in una grandiosa commedia umana, che unisce la Storia e le storie dei singoli.
Nella Prefazione del testo, Francesco Barra, Professore di Storia Moderna all’Università di Salerno, scrive che l’autore ha attinto con libertà ma con scrupolo filologico e metodo storico, alla congerie del vastissimo materiale memorialistico esistente nel suo archivio di famiglia. Parte di questo archivio sono testimonianze della memoria orale dello stesso protagonista, don Giovanni. Ed è proprio quest’ultimo segmento, che va dagli ultimi anni del Settecento borbonico al Decennio napoleonico, passando per i fatti del 1799, che costituisce la materia alla narrazione del volume. Ne emerge, con eccezionale vivezza, uno straordinario spaccato di vita della società meridionale di quegli anni, torbidi e complessi, durante i quali maturarono e giunsero a compimento il tramonto e la caduta dell’”Ancien Régime” del Mezzogiorno borbonico. Epicentro della storia è il paese sannita di Circello, che appare, pagina dopo pagina, come un vero e proprio microcosmo delle passioni violente e delle lotte spietate che animano le famiglie della borghesia agraria locale in lotta per il potere e la terra. La particolarissima congiuntura politica accentua ed esaspera le tensioni, facendole sfociare in una vera e propria faida, che costringerà don Giovanni a trasferirsi nel feudo di Campolattaro, da lui acquisito nel 1813. Molto ben descritto l’ambiente paesano, i suoi personaggi al limite della caricatura che si rivelano fin dalle prime righe del libro.
«Non erano nemmeno cento i passi che separavano il portone dell’appartamento di sua sorella Anacleta dalla chiesa della Santissima Annunziata, ma a Giovanni e alla sua gamba dolorante erano parsi migliaia. Come migliaia erano stati gli occhi che l’avevano seguito, passo dopo passo, nella sua traversata della piazza dinanzi alla chiesa. “Guardate, mammà!” aveva esclamato Concetta Varchione da dietro la finestra di casa sua. “Guardate come cammina don Giovanni!”».
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