L’iperbole è una figura retorica il cui meccanismo si basa su un’esagerazione, sviluppata per eccesso, oppure per difetto.
L’esagerazione viene ideata in modo da risultare inverosimile, così che sia chiaro al lettore o all’ascoltatore che non si può trattare di un’affermazione letterale. Si tratta di un finto inganno: chi lo scrive è consapevole che l’esagerazione non è credibile, e che per questa ragione l’interlocutore non interpreterà le sue parole alla lettera.
Il significato della parola iperbole deriva dal greco ὑπερβολή, “gettare al di là”, che per estensione significava anche eccesso, superfluo.
Questa figura retorica viene utilizzata per rafforzare l’idea che si vuole veicolare o anche per aggiungere una vena ironica al concetto; il suo scopo è quindi quello di conferire una maggiore enfasi alla frase. A volte, come per esempio nella poesia amorosa, l’iperbole può anche essere utilizzata per rappresentare il trasporto emotivo di chi scrive.
Il dipinto Santa Rosa de Lima di Fernando Botero (Jean Baptiste Lacroix/WireImage)
Tra i più chiari esempi di iperbole nell’arte figurativa troviamo le caricature, in cui alcuni elementi estetici del personaggio rappresentato vengono volutamente esagerati con finalità umoristica.
In campo artistico tra i pittori in cui si può ritrovare l’esplorazione di questa figura retorica troviamo Fernando Botero, che nelle sue opere rappresenta volutamente i personaggi con forme estremamente gonfie e tondeggianti, spesso con finalità ironiche, caricaturali o satiriche.
L’iperbole è una figura retorica che per la semplicità e per il grado di espressività che riesce a raggiungere viene molto utilizzata nel parlato quotidiano.
Ecco alcuni esempi di iperbole di uso comune:
Come gran parte delle figure retoriche però l’iperbole trova largo uso anche in poesia. Ecco alcuni esempi di iperbole (segnalati con la formattazione) che si rintracciano nella storia della letteratura italiana:
“Quivi parendo a lei d’esser sicura
e lontana a Rinaldo mille miglia,
da la via stanca e da l’estiva arsura,
di riposare alquanto si consiglia:
tra’ fiori smonta, e lascia alla pastura
andare il palafren senza la briglia;
…”
(L. Ariosto, Orlando Furioso)
“Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
che ’n mille dolci nodi gli avolgea,
e ’l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;
…”
(F. Petrarca, Erano i capei d’oro a l’aura sparsi, Canzoniere)
“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
…”
(E. Montale, Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale, Satura)
“…
Misero, di che godi? oh quanto mesti
fiano i trionfi ed infelice il vanto!
Gli occhi tuoi pagheran (se in vita resti)
di quel sangue ogni stilla un mar di pianto.
…”
(T. Tasso, Gerusalemme Liberata)
“…
Lucevan li occhi suoi più che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella:
…”
(D. Alighieri, Canto II, Inferno)
“…
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo;
…”
(G. Leopardi, L’infinito, Canti)
Bisogna fare attenzione a non confondere l’iperbole con la figura retorica dell’adynaton. Mentre l’iperbole porta un concetto ai suoi estremi tramite un’esagerazione, l’adynaton lavora nel campo della vera e propria impossibilità, rappresentando un paradosso. Per distinguerle bisogna ricordare che di solito l’adynaton è una figura composta da due elementi: una frase ipotetica, che va a rappresentare l’impossibilità, e una seconda frase che descrive ciò che si farebbe se quell’ipotesi si potesse avverare.
Un celebre esempio di adynaton è per esempio questo verso di Cecco Angiolieri:
“S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo”
In questo caso l’ipotesi impossibile è quella di potersi trasformare in fuoco, e ardere il mondo l’impresa che si porterebbe a termine.
Fonte: www.illibraio.it
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