Il flusso di coscienza: che cos’è e come usarlo ispirandosi alla grande letteratura

Flusso di coscienza: una guida

Con l’espressione flusso di coscienza (o stream of consciousness, in inglese) ci riferiamo a una tecnica narrativa che si è diffusa in letteratura a partire dai primi del Novecento, e che consiste nella trasposizione dei pensieri di un personaggio in maniera libera, casuale e disordinata, proprio come verrebbero concepiti nella nostra mente.

Si tratta di una locuzione coniata dalla scrittrice femminista May Sinclair (1863-1946) e teorizzata dal filosofo francese Victor Egger (1848-1909), che prende spunto dalle teorie psicanalitiche sviluppate a cavallo fra il XIX e il XX secolo, in particolare grazie agli studi sull’inconscio condotti da Sigmund Freud (1856-1939).

Più nello specifico, il sintagma flusso di coscienza è stato utilizzato per la prima volta nell’opera Les lauriers sont coupés (it. I lauri senza fronde) di Edouard Dujardin (1861-1949), che venne pubblicata a puntate nel 1887 sulla rivista letteraria La Revue indépendante.

Dopodiché, il flusso di coscienza ha preso piede soprattutto all’interno dei romanzi psicologici, quelli cioè che pongono al centro della scena le riflessioni dei personaggi a 360°, con i loro stati d’animo, i loro dilemmi etici, i loro ricordi e le loro sensazioni.

La differenza fra flusso di coscienza e monologo interiore

Considerato da alcuni filoni della critica un vero e proprio genere letterario a sé stante, il flusso di coscienza (che invece, di solito, viene fatto rientrare tra le categorie della narratologia) non va confuso con una tecnica abbastanza simile, ovvero quella del monologo interiore.

Nel monologo interiore, infatti, i pensieri del personaggio mantengono una struttura più logica, che si coglie facilmente nonostante il suo apparente fluire caotico, perché a gestire il senso generale c’è un narratore ancora padrone della situazione e della sua coerenza interna.

Un po’ come accade in questo passo tratto da Alla ricerca del tempo perduto (Newton Compton, a cura di Paolo Pinto e Giuseppe Grasso) di Marcel Proust (1871-1922), in cui il protagonista controlla l’ora un attimo prima di addormentarsi e…

Quasi mezzanotte. È il momento in cui il malato, che è stato costretto a mettersi in viaggio e ha dovuto dormire in un albergo sconosciuto, svegliato da una crisi, si rallegra nello scorgere sotto la porta una striscia di luce. Che gioia, è già mattina! Tra pochi istanti i domestici si alzeranno, potrà suonare il campanello, verranno a dargli aiuto. La speranza del conforto gli dà coraggio nella sofferenza. Ecco, gli è sembrato di udire dei passi; i passi si avvicinano, poi si allontanano. E la striscia di luce sotto la porta è scomparsa. È mezzanotte; hanno spento il gas; l’ultimo domestico se n’è andato, e bisognerà passare tutta la notte a soffrire senza rimedio.

Nel flusso di coscienza, invece, seguire il filo di un ragionamento può essere più complesso, perché il narratore non organizza e non filtra gli input del personaggio, lasciando che si passi da un argomento all’altro in modo brusco e inaspettato, e che una punteggiatura più frammentata accompagni i salti logici del discorso.

In questo caso, come vedremo fra poco con alcuni esempi tratti dalla letteratura, lo sforzo di chi legge è molto maggiore, ed è richiesta la sua collaborazione attiva per entrare nel cuore della vicenda e penetrare l’animo dei personaggi.

Esempi celebri tratti dalla letteratura

Fra le autrici e gli autori più famosi che si sono serviti del flusso di coscienza rientrano senza dubbio Virginia Woolf (1882-1941) e James Joyce (1882-1941), vissuti nello stesso periodo e influenzati dalla sensibilità delle avanguardie novecentesche, nonché dalle nuove scoperte in ambito psicologico.

Copertina del libro La signora Dalloway di Virginia Woolf, famoso per l'uso della tecnica del flusso di coscienza

Di Virginia Woolf, in particolare, è notevole l’effetto sortito nel celebre romanzo La signora Dalloway (Garzanti, traduzione di Alba Bariffi), nelle cui prime pagine possiamo già osservare l’approccio che segue:

Com’era fresca, com’era calma, più silenziosa di questa certo, l’aria di primo mattino; come lo schiocco di un’onda; il bacio di un’onda; fredda e pungente eppure (per una ragazza diciottenne com’era lei allora) solenne, con la sensazione che aveva, stando lì alla finestra aperta, che qualcosa di terribile stesse per succedere; guardando i fiori, gli alberi da cui serpeggiava il fumo e i corvi che salivano, che scendevano; stando a guardare finché Peter Walsh aveva detto: “Assorta fra gli ortaggi?” – era così? – “Preferisco gli uomini ai cavolfiori” – era così? Doveva averlo detto un mattino a colazione quando lei era uscita in terrazza – Peter Walsh.

Certo, ci troviamo comunque davanti a un flusso di coscienza per così dire misurato, che passa con molta gradualità dalla dimensione del monologo interiore a una sempre meno lineare e intuitiva, mentre a liberare tutto il potenziale del flusso di coscienza sarà poi James Joyce, con il suo mastodontico Ulisse (Newton Compton, traduzione di Carlo Bigazzi).

Copertina del libro Ulisse di James Joyce, famoso per l'uso della tecnica del flusso di coscienza

All’interno dell’opera, infatti, è un’impresa capire quale personaggio stia parlando o dove finisca un episodio e ne inizi un altro, come accade nel noto monologo di Molly Bloom che occupa le ultime 40 pagine del volume, e di cui presentiamo qui un breve estratto:

il giorno che mi sono fatta fare la proposta sì prima gliò passato quel pezzetto di torta ai semi di cumino direttamente dalla bocca ed era un anno bisestile come adesso sì 16 anni fa mio Dio dopo quel bacio lungo quasi mi mancava il fiato sì ero un fiore di montagna à detto sì siamo tutte dei fiori il corpo di una donna è un fiore sì la sola cosa giusta che à detto in vita sua e il sole splende per te oggi sì è per questo che mi piaceva perché vedevo che capiva o sentiva quello che è una donna .

A complicare ulteriormente la faccenda ci sono alcune sgrammaticature volute, che vengono attribuite dall’autore a protagonisti non proprio colti, e soprattutto le esperienze sensoriali che interferiscono con i loro pensieri, rendono la lettura un perenne enigma da risolvere.

Fra gli scrittori del secolo scorso conosciuti per il modo in cui hanno inserito il flusso di coscienza nei loro romanzi menzioniamo, inoltre, Thomas Stearns EliotJack KerouacWilliam Faulkner e Thomas Bernhard, mentre in Italia spiccano i nomi di Luigi Pirandello, Giuseppe Berto e di Italo Svevo.

Copertina del libro La coscienza di Zeno di Italo Svevo, famoso per l'uso della tecnica del flusso di coscienza

Quest’ultimo, in particolare, ne ha dato prova nel suo La coscienza di Zeno (Garzanti), il cui protagonista – Zeno Cosini – ci racconta la propria vita alternandola costantemente a digressioni e suggestioni estemporanee di ogni sorta:

Ieri avevo tentato il massimo abbandono. L’esperimento finì nel sonno più profondo e non ne ebbi altro risultato che un grande ristoro e la sensazione di aver visto durante quel sonno qualche cosa di importante. Mercé la matita, che ho in mano, resto desto, oggi. Vedo, intravvedo delle immagini bizzarre che non possono avere nessuna relazione col mio passato: una locomotiva che sbuffa in salita trascinando delle innumerevoli vetture; chissà donde venga e dove vada, e perché sia capitata qui!

Come usare il flusso di coscienza quando si scrive

Per servirsi al meglio del flusso di coscienza quando si scrive può tornare utile avere presenti alcuni principi di massima, che naturalmente possono essere poi distorti, ignorati o rivisitati a seconda delle esigenze narrative e dei propri intenti stilistici.

In primo luogo, è fondamentale entrare nell’ottica di un registro orale, immediato, che si serva di parole semplici e di frasi brevi, proprio come succede quando si riflette fra sé e sé senza curarsi troppo della forma.

Si può parlare tanto al presente quanto al passato, e per una volta non è necessario seguire scrupolosamente i concetti della consecutio temporum, perché qualche incongruenza o svista involontaria del nostro personaggio renderebbe ancora più credibile il passaggio a cui vogliamo dare vita.

L’importante è che il nostro discorso, pur facendo uso di regionalismi o di una punteggiatura un po’ sghemba, sia costellato di ripetizioni, che permettano al flusso di coscienza di poggiare su un motivo ricorrente caro al nostro personaggio, conferendogli in questo modo un tocco di realismo e di coinvolgimento emotivo in più.

Fonte: www.illibraio.it

Un viaggio a ritroso nel male fino al sorprendente inganno che si cela nelle ultime pagine

Il libro in una frase

Un viaggio a ritroso che ripercorre fedelmente, dettaglio dopo dettaglio, vicende di malaffare solo all’apparenza casuali, in una provincia tanto splendida quanto dolente, quella di Bari, scintillante di sole e bellezza, ma segnata al contempo dall’agire bieco di personaggi ambigui, fino al sorprendente inganno che si cela nelle ultime pagine.

Amici di scaffale

October List di Jeffery Deaver, unico romanzo con identica costruzione che conosciamo. Ma non sappiamo se ne esistano altri. E il film Memento di Christopher Nola, che procede a ritroso, scena dopo scena.

Segni particolari

Un thriller con una costruzione a ritroso, che procede cronologicamente indietro nel tempo, fino all’origine dei fatti, cercando di mantenere suspense, tensione e mistero.

Dove e quando

Territorio di Bari e provincia, ai giorni nostri.

Tag

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Come e perché abbiamo deciso di partecipare a IoScrittore

Avevamo già partecipato in passato a IoScrittore, raggiungendo in diverse occasioni le semifinali. Abbiamo sempre avuto un riscontro positivo da parte dei lettori/scrittori, facendo tesoro dei loro consigli per migliorare il testo. Se si partecipa con questo obiettivo ultimo, non si rischia mai di rimanere delusi.

“Conto alla rovescia”, un thriller (a quattro mani) che inverte la rotta del tempo

Dal torneo letterario IoScrittore alla pubblicazione: esce il 16 luglio in ebook Conto alla rovescia, thriller firmato da Salvatore Lecce e Cataldo Cazzato, due amici che condividono la passione per la scrittura e che firmano dunque un romanzo a quattro mani. E che, tra l’altro, non sono dei debuttanti assoluti: i loro racconti Natale con il morto (2016) e Amaranto e Porpora (2018), infatti, sono stati pubblicati in appendice ai volumi del Giallo Mondadori, e dal racconto L’albero di Elisa (2018) è stata tratta l’omonima opera teatrale a cura della compagnia Trinaura Teatro.

conto alla rovescia ioscrittore

Veniamo alla trama del nuovo libro, che porta a Bari, dove il luogotenente dei carabinieri Vito Amoruso è alle prese con un caso complicato che, grazie anche al lavoro dei suoi collaboratori, sembra giunto a un’insperata soluzione.

Sempre nel capoluogo pugliese, a pochi chilometri di distanza, un ragazzo, Nicola Greco, si risveglia in una stanza sprangata senza sapere il perché sia stato rapito due giorni prima.

Non è finita: nella trama di Conto alla rovescia lettrici e lettori si imbatteranno anche in un misterioso personaggio ossessionato dal pensiero ricorrente di uccidere, Luca Torre. E, a chiudere il cerchio, ecco Daniel Basile, figlio di un pregiudicato e amico di Nicola, in cerca di riscatto con il padre, che stringe amicizia con uno spacciatore albanese di nome Bledar.

Qual è il filo sottile e inestricabile che lega queste vicende l’una con l’altra? In un viaggio a ritroso di sette giorni, nel territorio di Bari e provincia, prende corpo un thriller che nasconde un inganno.

Quanto alla coppia di autori, oltre ai racconti già citati e al libro protagonista a IoScrittore, ha già firmato il thriller La via del silenzio (2018), il noir Il Puparo (2020) e il giallo storico Mary Celeste (2022), tutti editi da goWare.

Quanto alla partecipazione al torneo di GeMS, Salvatore Lecce e Cataldo Cazzato spiegano: “Avevamo già partecipato in passato a IoScrittore, raggiungendo in diverse occasioni le semifinali. Abbiamo sempre avuto un riscontro positivo da parte dei lettori/scrittori, facendo tesoro dei loro consigli per migliorare il testo. Se si partecipa con questo obiettivo ultimo, non si rischia mai di rimanere delusi”.

Fonte: www.illibraio.it

Tra le strade di Roma e Parigi, una saga familiare tutta al femminile che abbraccia tre secoli

Amate le saghe familiari? Non perdetevi La primogenita di Sonia Milan, vincitore del torneo del 2021, ora in libreria per Garzanti

È uscito da qualche settimana uno dei romanzi dell’edizione 2021 del Torneo IoScrittore. Si tratta di La primogenita, di Sonia Milan, in libreria per Garzanti. Chi ha seguito l’evento di domenica 23 a Taobuk (lo streaming è recuperabile  qui) ha avuto modo di conoscerla, perché era sul palco. Nel suo romanzo Milan ci accompagna in una meravigliosa saga familiare, una storia ricca di personaggi forti, ribelli
e indipendenti. Un romanzo in cui la finzione incontra donne realmente esistite che molto hanno da raccontare.  Se amate le storie appassionanti e travolgenti, è il romanzo che fa per voi. Noi della redazione di IoScrittore abbiamo fatto all’autrice alcune domande sulla sua esperienza con il torneo e poi con la pubblicazione. Ecco che cosa ci ha risposto.

Come e perché hai deciso di partecipare a IoScrittore?

Mentre ero alla ricerca sul web degli indirizzi elettronici di alcune case editrici di GeMS a cui proporre il mio manoscritto, mi sono imbattuta nei banner che presentavano il Torneo quale opportunità di pubblicazione per un esordiente. Visto che si trattava di una competizione organizzata da un grande gruppo editoriale e a partecipazione gratuita, ho deciso di iscrivermi. Speravo che qualche editor potesse notare il mio. Quando ho caricato l’incipit, mi sono sentita come se stessi lanciando un messaggio nella bottiglia in quell’oceano di migliaia di partecipanti, ma il lumicino della speranza è rimasto sempre acceso, finché non ho ricevuto la comunicazione che mi invitava a una diretta online che si è rivelata davvero emozionante…

Lo consiglieresti a un aspirante scrittore?

Sì, perché è un modo per confrontarsi con altri aspiranti scrittori, per dare e ricevere consigli e commenti utili per migliorare il testo e anche per valutare il livello generale delle proposte editoriali che ogni giorno vengono sottoposte alle case editrici. Inoltre, leggere gli altri può essere utile per soppesare il proprio romanzo e rendersi conto di quanto e come c’è ancora da lavorarci sopra per ottenere un buon prodotto. Quando concludi un’opera, hai un po’ la convinzione che sia perfetta così, a me succedeva anche con gli scritti da quattordicenne. Ricordo che a quindici anni andai con un’amica a proporre un testo a un piccolo editore che fu anche così cortese da ascoltarci. L’entusiasmo c’è e deve esserci sempre, altrimenti non avrebbe senso partecipare, ma deve essere accompagnato da una buona dose di autocritica, e gentilezza, aggiungerei. Nel redigere i giudizi bisogna tener conto che dall’altra parte c’è una persona con le tue stesse aspirazioni e non si dovrebbero scrivere cattiverie gratuite perché protetti dall’anonimato: non si dovrebbe dire nulla di diverso se non quello che dichiareresti guardandola negli occhi. 

Quali libri ti hanno ispirato durante la scrittura?

Ano soprattutto i libri che miscelano sentimenti a una buona ricostruzione storica, che siano di autori moderni come Ken Follett e Isabelle Allende, ma anche ottocenteschi come Hugo, Zola, Hardy. Il romanzo per eccellenza che ha segnato la mia giovinezza, e di conseguenza anche il mio immaginario di scrittrice, è stato Padiglioni lontani di M.M. Kaye, in cui la descrizione dell’India coloniale è minuziosa e accurata e la storia d’amore davvero struggente.

Che cosa ci puoi dire della tua esperienza di lavoro con un editor?

La mia esperienza con l’editor della Garzanti è stata senz’altro positiva e mi ha permesso di capire anche come si lavora con una grande casa editrice: quanta accuratezza e meticolosità ci sono dietro al prodotto finale di un’opera. L’editor ha per le mani una gemma da lucidare e incastonare per farne risaltare al meglio le potenzialità. Ha saputo consigliarmi dove intervenire con precisione chirurgica, per allungare alcuni paragrafi o accorciarne altri, per proporre degli inserimenti e dare più incisività a un personaggio e alla fine siamo state entrambe soddisfatte del risultato.

Frasi sul mare, alcune fra le più belle tratte dalla letteratura

Sempre uguale a sé stesso, eppure sempre diverso e inafferrabile, il mare è da secoli una preziosa fonte di ispirazione per miti, leggende, canzoni, pellicole cinematografiche.

In poche parole: per le storie che ci raccontiamo e tramandiamo di generazione in generazione, dedicate tanto alla libertà quanto al desiderio di scoperta, tanto al rapporto con la natura quanto al superamento dei nostri limiti personali e collettivi.

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Anche in letteratura, da Omero a Herman Melville, da Virginia Woolf a Emilio Salgari, il mare fin dall’antichità è stato parte integrante di ogni tipo di narrazione, venendo dipinto nei suoi aspetti più belli e temibili, e diventando spesso una complessa e affascinante allegoria.

Ecco quindi una selezione di frasi sul mare tratte dai libri che, grazie alle parole di autori come Charles Baudelaire e Walt Whitman, passando per Nazim Hikmet e per Alessandro Baricco, viene rappresentato in tutta la sua forza contraddittoria e imperscrutabile, esuberante e nostalgica, accogliente e crudele…

Cominciamo da una delle frasi sul mare più note nel panorama della poesia americana, e che è contenuta nella raccolta Foglie d’erba (Garzanti, traduzione di Roberto Mussapi) dello scrittore e giornalista Walt Whitman (1819-1892). Una riflessione dedicata alla vita di cui pullula il mare, e che lo rende uno scrigno di meraviglie quasi mistiche:

Per me il mare è un perenne miracolo,
i pesci vi guazzano – gli scogli, – il moto delle onde – i vascelli con uomini a bordo,
si danno mai miracoli più strani?

Sempre a proposito di liriche, altrettanto celebre è nella letteratura francese il poema L’uomo e il mare del grande simbolista Charles Baudelaire (1821-1867), che troviamo nella raccolta I fiori del male (Garzanti, traduzione di Attilio Bertolucci). Un componimento che ci spinge a riflettere su quanto – nel bene e nel male – il mare assomigli a ciascuno di noi:

Uomo libero, tu amerai sempre il mare!
È il tuo specchio il mare! Contempli la tua anima
nell’infinito svolgersi della sua onda
e non è meno amaro l’abisso del tuo spirito.

Una delle frasi sul mare più belle della letteratura, scritta da Charles Baudelaire

A evidenziare l’imponderabilità del mare è anche lo scrittore e critico italiano Alessandro Baricco, che nel romanzo Oceano mare (Feltrinelli) ce lo descrive come un’entità animata, generosa ma al tempo stesso irrequieta, a cui è impossibile restare indifferenti e che esercita su di noi un’influenza a tratti magnetica:

Il mare incanta, il mare uccide, commuove, spaventa, fa anche ridere, alle volte, sparisce, ogni tanto, si traveste da lago, oppure costruisce tempeste, divora navi, regala ricchezze, non dà risposte, è saggio, è dolce, è potente, è imprevedibile. Ma soprattutto: il mare chiama.

Del resto, sono molte le frasi sul mare che si concentrano sul suo richiamo, a cui sembra destinato ogni fiume e torrente del mondo. E il musicista e poeta uruguayano Juan Baladán Gadea, nel suo Di solitudine e amore (La Piccola Editrice, traduzione di T. Formenti), sottolinea fino a che punto desideriamo che una foce, da qualche parte, esista per tutti:

Anche noi, come l’acqua che scorre, siamo viandanti in cerca di un mare.

Una delle frasi sul mare più belle della letteratura, scritta da Juan Baladán Gadea

E concludiamo con una delle frasi sul mare più toccanti di Nazim Hikmet (1902-1963), l’autore turco naturalizzato polacco che nel suo Arrivederci fratello mare, contenuto nella raccolta Poesie d’amore (Mondadori, traduzione di Joyce Lussu), dà luce a un canto di addio e di speranza in cui il mare viene associato all’essenza di un intero popolo:

Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po’ della tua ghiaia
un po’ del tuo sale azzurro
un po’ della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.

Fonte: www.illibraio.it