L’etimologia della parola metafora risale al periodo classico: proviene infatti dal latino metaphŏra, a sua volta derivato dal greco metaphorá, cioè “trasferimento”. L’etimologia dà già un’idea del funzionamento di questa figura retorica che si basa sul “trasferimento” di significato, da una parola, un concetto o una perifrasi a un’altra che appartiene a un altro campo semantico.
La metafora è una figura retorica di significato molto utilizzata sia in letteratura sia nel linguaggio parlato. Si tratta di un’analogia che non viene resa esplicita, ovvero di un termine che viene utilizzato al posto di un altro, con un significato diverso da quello espresso solitamente, senza essere introdotto da espressioni del genere “come”, “tale a”, “simile a”. La ragione alla base di questa sostituzione è la forza espressiva ed evocativa data dall’accostamento di una parola inusuale in quel contesto, ma il cui significato è chiaro senza bisogno di renderlo esplicito.
Un esempio di metafora usata in campo artistico è la fotografia dal nome Le Violon d’Ingres di Man Ray, che dopo essere stata sviluppata dall’autore è stata modificata dallo stesso con l’aggiunta alla schiena della modella delle classiche “f” presenti sugli strumenti ad arco, di fatto creando una metafora tra la forma del suo corpo e quella dello strumento.
La metafora è una delle figure retoriche più usate anche nel linguaggio comune grazie alla sua espressività ma anche alla versatilità con cui si può adattare a diversi contesti. Quando diventano comuni nel linguaggio di tutti i giorni le metafore prendono il nome di catacresi.
Vedere come le metafore si sviluppano nel linguaggio parlato è interessante perché illustra i legami concettuali che sviluppiamo tra aree semantiche differenti. Esiste per esempio una classe di metafore che attribuiscono parti del corpo umano a oggetti inanimati (Le gambe del tavolo / Il braccio della scavatrice / La bocca del vulcano / Il collo della bottiglia), oppure a umani quelle legate agli animali e alla loro caratteristiche tipiche (Essere una volpe / una talpa / un falco / una lumaca / un leone).
Esistono inoltre diverse metafore che riguardano la percezione di sé o della propria condizione (Sentirsi a pezzi / Sentirsi arrugginiti / Essere in alto mare / Toccare il cielo con un dito / Essere una roccia / Sentirsi alle stelle) e numerose metafore militaresche (Spara! / Che bomba! / Difendere la propria posizione / Fare la guerra a qualcosa). Ma questi sono solo alcuni esempi, perché sono numerosissime le metafore entrate di fatto nella lingua italiana (Una stella del cinema / Nel fiore degli anni / Colpire nel segno / Essere al verde / Passare la notte in bianco / Il tramonto della vita…).
“Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
…”
(G. Ungaretti, Natale, Allegria di naufragi)
“…
Io non piangëa, sì dentro impetrai:
piangevan elli; e Anselmuccio mio
disse: “Tu guardi sì, padre! che hai?”
…”
(D. Alighieri, Canto XXXIII, Inferno)
“…
Tu fior de la mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l’inutil vita
estremo unico fior,
…”
(G. Carducci, Pianto Antico, Rime antiche)
“…
Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido
portava due bambole in dono…
…”
(G. Pascoli, X Agosto, Myricae)
La metafora si può considerare una similitudine abbreviata o più diretta, e per questo è facile fare confusione tra le due. La similitudine è riconoscibile perché l’analogia, al contrario della metafora, è resa esplicita. Troviamo la similitudine quindi in presenza di queste espressioni: “come… così”, “simile a”, “tale…quale”, “similmente”.
Attenzione anche a non confondere la metafora con la metonimia o con l’allegoria. Nel caso della metonimia la sostituzione tra un termine e l’altro segue un preciso nesso logico: causa – effetto, contenente – contenuto, qualità – realtà, materia – oggetto. Affinché si tratti di allegoria, invece, è necessaria la presenza di uno schema di più collegamenti e rimandi a un altro piano concettuale.
Fonte: www.illibraio.it
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