Una festa in nero segna la chiusura della seconda serie di romanzi firmata da Alice Basso, un’autrice che, meritatamente, può contare su tante lettrici e lettori molto affezionati alle sue storie.
Basso, classe ’79, vive in Piemonte e lavora per diverse case editrici. Dopo aver proposto la serie di libri dedicati alle avventure della ghostwriter Vani Sarca (L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome, Scrivere è un mestiere pericoloso, Non ditelo allo scrittore, La scrittrice del mistero e Un caso speciale per la ghostwriter, tutti editi da Garzanti), nel 2020 ha fatto debuttare una nuova protagonista, Anita, al centro di opere come Il morso della vipera, Il grido della rosa, Una stella senza luce e Le aquile della notte.
Questa seconda serie (sempre pubblicata da Garzanti), ambientata nell’Italia degli anni ’30, si chiude dunque ora con Una festa in nero.
Il libro è ambientato nella Torino del 1935: i fari della Balilla Spider Sport fendono il buio della notte. Il fatto che alla guida ci sia una donna potrebbe sembrare strano per l’epoca, ma non per Anita. Sono mesi, infatti, che fa cose non proprio consone a una donna, per non dire disdicevoli, sicuramente proibite. Come rimandare il matrimonio con Corrado solo per la voglia di provare a lavorare. Come scrivere, sotto lo pseudonimo di JD Smith, racconti gialli ispirati a fatti di cronaca per portare un po’ di giustizia dove ormai non esiste più. Un segreto che condivide con Sebastiano Satta Ascona, editore della rivista Saturnalia. Per essere sinceri scrivere, non è l’unica cosa proibita che fanno insieme. Ma ora qualcosa è cambiato, per quello Anita si trova su quella macchina.
Ora qualcuno ha iniziato a seguirli. Ora c’è un impermeabile beige sempre un passo dietro di loro. E con le spie non si può scherzare. Non ci si può fermare troppo a parlare, a volte bisogna solo fare quello che chiedono. Anche se non è giusto. Anche se le richieste arrivano a stravolgere l’esistenza pacifica di un gruppo di persone che ormai Anita può chiamare amici. Tra loro c’è la saggia Clara, l’irriverente Candida, la dolce Diana, l’affascinante Julian, il ribelle Rodolfo e ovviamente Sebastiano. Il suo Sebastiano. Perché vivono anni così difficili? Perché non possono fidarsi di nessuno se non l’uno dell’altro? Perché non smettono di tenerli d’occhio? Anita non ha risposte, forse i protagonisti delle storie gialle che ha imparato ad amare potrebbero averle.
Oppure anche loro non potrebbero fare altro che dirle di non avere paura, che il pericolo è l’adrenalina della vita. Ma Anita non è abituata a fuggire. Non è abituata a mentire. All’improvviso è dentro uno dei racconti di JD Smith, solo che stavolta Anita non ha la minima idea di come può andare a finire…
Alice Basso, cosa prova con l’arrivo in libreria dell’ultimo capitolo di una serie a cui ha lavorato per anni?
“Innanzitutto diamoci del tu, per la miseria, ché questa faccenda che la serie di Anita sia già finita mi sta facendo già sentire fin troppo vecchia. Mi sembra ieri che annunciavo il primo libro e mi rotolavo come un husky nella neve (anche se era tarda primavera) nei dubbi e nei timori che non venisse accolta bene!”.
E invece…
“Sì, Anita ha fatto la sua strada e adesso eccomi qui a tirare su col naso tutta commossa di fronte ai commenti che dicono ‘Oddio, già la fine? Mi mancherà’. Sapeste a me, ciccini. Ma va bene così: nonostante sia sempre un po’ un trauma (e sia seguito dal terrore di dover ricominciare ogni volta da zero con un nuovo personaggio), continuo a essere una fierissima sostenitrice delle serie brevi e conclusive, con un capo e una coda, un inizio e una fine, possibilmente neanche troppo distanti fra loro e progettati sin dall’inizio”.
Cosa ti mancherà più di Anita?
“Intanto la rete di personaggi di cui lei fa parte, non solo lei. Mi piace moltissimo creare, come dire?, delle ‘famiglie’, dei cast da far muovere in sincrono libro dopo libro e a cui affezionarsi (io per prima) come a una piccola comunità. Quando è il momento di separarsene, è come salutare, che so, gli amici delle vacanze. E poi la mia croce e delizia: l’ambientazione storica. Dedicare del tempo a studiare, approfondire, prendere appunti, scoprire dettagli, scegliere come (o se) usare questo o quello; e poi anche correggere, ritoccare, chiedere aiuto alla preziosissima redazione di Garzanti per verificare qualcosa. Ma in verità non mi mancherà davvero, perché sto già studiando altrettanto per la prossima serie (anche se non sarà di ambientazione storica). Uh, sto spoilerando troppo? Mi cucio la bocca! Be’, insomma, era solo per dire che, evidentemente, del tempo libero dallo studio per leggere i romanzi che vanno a me, a quanto pare non lo voglio proprio avere”.
Visto che hai parlato della fase di studio, quali sono state le difficoltà principali nell’ambientare dei romanzi nella Torino degli anni ’30?
“Ricreare un ambiente credibile, vivo, colorato, immersivo, e allo stesso tempo evitare le pedanterie che – diciamocelo – spesso le ricostruzioni storiche si portano dietro. A volte è molto frustrante leggere una quintalata di pagine che descrivono il tal quartiere, o la tal professione, e poi doverci dare dentro di cesoie per ridurre la messe di informazioni a quello stretto indispensabile, ma ben selezionato, che restituisca l’immagine giusta ma senza appesantire. Dopotutto si tratta di una serie di gialli ironici, prima ancora che storici: il lettore ci si avvicina prima di tutto per essere intrattenuto, e non sarebbe preparato a ricevere in pieno sterno paragrafi su paragrafi di descrizioni dettagliatissime come invece è normale per chi sceglie consapevolmente un romanzo storico in libreria”.
A questo proposito, l’incrocio tra giallo e commedia – che da sempre caratterizza le trame dei tuoi libri – affascina molto lettrici e lettori di oggi: come mai, secondo te?
“Be’, posso dirti perché affascina me, che sono una utente, oltre che una autrice, di libri del genere: io mi riconosco un conflitto interiore fra, da una parte, la curiosità, il desiderio di imparare, di scoprire cose che non sapevo, di sbirciare oltre muri e muretti, e dall’altra il desiderio di leggerezza, di ‘staccare’, da giornate già abbastanza impegnative perché abbia voglia di faticare pure quando mi metto a leggere. Quindi, se mi arriva fra le mani qualcosa che mi intrattiene senza richiedermi particolare sforzo, e che però allo stesso tempo mi apre a nuove conoscenze, sono la persona più felice del mondo”.
Prima Vani Sarca, poi Anita: hai anticipato della nuova serie… hai già in mente la protagonista?
“Ah, ma allora vuoi proprio trascinarmi sulla strada proibita dello spoiler! Senti, diciamo che ci sono in canna non uno ma addirittura un paio di progetti dei quali sono mesi, ME-SI, che mi trattengo dal blaterare in giro, alle presentazioni, nelle interviste. E non è facile, perché quando qualcosa mi appassiona io divento ancora più logorroica del normale (e sì, sembra impossibile). Quindi, insomma: non vorrai mica distruggere il mio impegno di mesi per fare le cose con ordine e non sbracare sul futuro quando c’è ancora tutto un appassionante presente anitesco da finire di esplorare insieme, vero?”.
Fonte: www.illibraio.it
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