Non c’è mai niente di ordinario nella vita di un poliziotto comunista. In questo caso, poi, anche il nome è strambo. Pietro Giacomo Capistrano non ha gli orari, gli affetti, la routine degli altri. È un commissario come tanti altri, boccheggiante nell’afa di una lunga estate romana, finché la sua irregolare monotonia non viene sconvolta da un caso dai risvolti oscuri, le cui radici affondano direttamente nella sua storia personale.
Una serie di sanguinosi omicidi, una setta segreta con le sue prove di iniziazione, un gruppo di violenti fascisti ormai anziani, uniti dal ricordo ancora troppo limpido delle violenze commesse in Etiopia durante la Seconda guerra mondiale. E il passato di Capistrano, che appare inspiegabilmente intrecciato a queste vicende.
Muovendosi come un clandestino a bordo, il commissario si trova catapultato in qualcosa di troppo grande, in bilico fra poteri forti e disegni maligni che iniziano ad avvolgerlo in spire sempre più strette tentando di rubargli il sonno.
L’indagine inizia a farsi strada a gomitate nei suoi giorni, la sua vita si trasforma in una corsa senza fiato e senza alleati, in primo luogo all’inseguimento di se stesso. E quello che rimane è un caso che lascia a bocca aperta, la ricerca di una verità troppo vicina per non scottare, troppo cristallina per non trasformarlo completamente.
Valerio Cohen-Fusi (Perolla, 1951). Antropologo delle culture del sud Pacifico. Altre pubblicazioni: Action and Possession in Maori Language and Culture (Parigi, 1985); Vecchia Nuova Zelanda, memorie della vita selvaggia (traduzione e cura; Sellerio 1996)